Dagli armadi della casa di famiglia sono uscite cose interessanti, non di grande valore monetario, ma sicuramente affettivo. Tra le varie, un piccolo magnetofono, se non altro per il fatto di essere accompagnato da 2 nastri con le voci telefoniche registrate dei nonni ed addirittura una bis-nonna, che ebbi la fortuna di conoscere e di cui ancora conservo ricordo.
Cercherò di affrontare questo nuovo articolo su più fronti, non per soli tecnici amerei dire, ma per tutti gli appassionati dell’ultima ora, tra i quali mi colloco, capaci di emozionarsi davanti a cose che arrivano da lontano e che magicamente riescono a riportare in vita ricordi sopiti. Direi anche non solo nostalgia però, visto che non è possibile non considerare con ammirazione e fascino anche tecnico questi piccoli/grandi apparecchi.
Cominceremo con una prima parte introduttiva a cui seguirà una tecnica ed infine quella dedicata al restauro estetico del pezzo in questione.
Era il 1955 e molti di noi ancora non esistevano.
Nelle note redazionali del bollettino numero 63, la Geloso annuncia che finalmente, dopo un periodo in cui ha partecipato attivamente al lancio della registrazione magnetica in Europa, riesce a raggiungere standard qualitativi e produttivi tali da poter considerare il magnetofono equiparato ad un ricevitore radio. I costi rientrano nella media di tali apparecchi e sono di conseguenza accessibili da una sempre più vasta clientela. Il bollettino titolava “un magnetofono per tutti” e questo era anche il messaggio pubblicitario.
Curioso leggere nello stesso bollettino che il termine “magnetofono” è nome depositato dalla Geloso stessa e che non può essere utilizzato da altri marchi.
La Geloso ha in produzione alcuni apparecchi a bobina, ma i modelli G-255/S e G-255/U rappresentano quelli maggiormente accessibili, poco ingombranti e destinati alla maggior diffusione. Le dimensioni contenute dell’apparecchio faranno si che venga soprannominato “gelosino”. I due modelli hanno lo stesso costo, ma sono concepiti per uso in ambiti differenti. Il modello S è detto anche famiglia ed in effetti trova la sua miglior collocazione in tale ambito, mentre il modello siglato U è stato pensato per l’uso lavorativo in ufficio: a scapido di una leggera perdita qualitativa offre infatti comandi pensati appositamente per prolungare la durata di registrazione a parità di nastro utilizzato ed altri pensati per facilitare le operazioni di dettatura lettere, ordini ed appunti. Gli apparecchi sono dotati di proprio altoparlante interno ed hanno la possibilità di collegamento con altoparlanti esterni ed amplificatori (anche con un bel HFN come quello di Giancarlo tanto per intenderci), microfono, pick-up per registrazioni radiofoniche, telefoniche e cuffie biauricolari. Possibile anche una sonorizzazione sincronizzata per film a passo ridotto.
Il prezzo nel 1955 del solo apparecchio, in entrambe le versioni è di 42000 lire più 230 lire di tasse radio, 46000 lire completo di accessori, con il consueto sconto rispetto all’acquisto dei prodotti separati.
Questo apparecchio riesce subito simpatico, uno di quegli oggetti che anche se non più utilizzati è bello avere sotto gli occhi, al pari di tante vecchie radio.
Diamogli una bella occhiata.
Sul fondo del magnetofono è disponibile un’apposito cambia tensioni, comprese tra 110 e 240 volt.
Molti sono i possibili utilizzi, niente da dire, proprio un’apparecchio versatile!
La presa di entrata MICRO è dedicata ai vari pick-up radio e telefonico, insomma possibilità di registrare da radio, giradischi e telefono, oltre che i vari microfoni inclusi tra i possibili accessori.
La presa di uscita ne permette invece il collegamento ad altoparlanti esterni, amplificatori, cuffie.
L’accensione avvien tramite manopola da ruotarsi semplicemente in senso orario che regola normalmente il volume di ascolto.
Lo stesso comando in fase di registrazione regola invece l’intensità di registrazione che va valutata facendo attenzione all’occhio magico posto in orizzontale nella parte centrale del frontale, bisogna sincerarsi che il livello oscilli coprendo tutta l’escursione possibile ma senza mai spegnersi.
Il controllo della velocità di registrazione, di cui parleremo meglio successivamente è affidato ad altro comando a rotazione posto tra le due bobine. Sia per il modello famiglia (S), che quello ufficio (U) si prevedono 2 velocità, una per la maggior qualità, l’altra per la maggior durata. Il cambio di velocità è possibile anche durante la registrazione.
Tutti i comandi eccezion fatta di quelli già citati, sono affidati a 4 tasti colorati che molto mi fanno ricordare i tasti Braun e che donano un po’ di “allegria” ad un’apparecchio che per il resto si presenta piuttosto monocromo, se si esclude il rosso della leva frontale di avanzamento rapido.
Veniamo all’angolo tecnico per gli amanti del genere, partendo dall’inevitabile schema elettrico:
Il gelosino è dotato di 3 valvole: una 12AX7 a doppio triodo in cascata, oppure una ECC83, una valvola finale oscillatrice supersonica UL41(pentodo) con zoccolo rimioc ed una piccola DM70 occhio magico. Come verificabile già nel bollettino numero 68 , vista la scarsa disponibilità della UL41, lo schema fu modificato per l’utilizzo della valvole 35D5 o 35QL6, maggiormente reperibili e di costo leggermete inferiore. Nel bollettino 68 a cui vi rimando è ovviamente presente il nuovo schema elettrico. La successiva versione G255SP di cui si parla nel bollettino 70/71 della Geloso offrità anche la possibilità di utilizzare dei telecomandi meccanici a pedale, novità per quegli anni ed estremamente utili per i lavori di ufficio.
Il Geloso G255 era un due piste con velocità selezionabile e differenziata in base al modello S ed U. In entrambi i casi la velocità base del nastro era di 4,75 cm/sec, mentre quella massima è di 9,5 cm/sec per la versione S e di 5,5 cm/sec per quella U, che rispetto alla S garantiva la possibilità di arresto ed avvio istantanei, estremamente funzionali per l’utilizzo di ufficio. La durata delle bobine era di 60/80 minuti alla velocità base di 4,75 cm/sec, rispettivamente con nastro normale e fine per entrambi i modelli. 50/60 minuti in modalità 5,5 cm/sec (versioneU) e 30/40 minuti a 9,5 cm/sec per la versione S. Ovviamente quello che il modello S perdeva in praticità di ufficio lo poteva guadagnare in qualità di registrazione, visto che alla velocità di 9,5 cm/sec la risposta di frequenza andava da 80 a 6000 Hz, mentre il modello da ufficio a 5,5 cm/sec rimaneva in un range di 100/4500 Hz.
Qualche esploso interessante e dettagliato, con tanto di indicazioni dei singoli pezzi in elenco finale.
Di seguito alcune foto dettagliate che ho scattato all’interno.
RESTAURO
Chi ha avuto modo di leggere il mio articolo sul restauro estetico della radio music boy 200E http://www.grundiglove.org/?s=200E , sa che tutte le operazioni eseguite sono state fatte manualmente con grande pazienza ed olio di gomito.
Lo stato generale del Gelosino non è dei migliori.
Decenni dimenticato in un armadio si fanno sentire, sarà un lavoretto mica da poco per il novellino in questione, ne verremo a capo?
L’apertura sembra semplice, comunque una rapida occhiata al bellissimo bollettino Geloso, mi toglie qualsiasi dubbio in merito.
Di seguito l’apparecchio smontato:
Vista delle due facce della parte alta.
I due pezzi anteriore e posteriore.
La molla interna per il blocco a pressione dell’occhio magico (Philips DM70)
Particolare non rassicurante dello stato dell’apparecchio.
Croste di materiale cristallizzato non identificato, forse contatto con parti in gomma. In compenso il gommino di appoggio è ancora morbidissimo, peccato ne manchi uno.
In occasione di questo nuovo restauro, ho voluto capire se c’era la possibilità, non tanto di accorciare i tempi, visto che tutto sommato il lavoro in questione non deve produrre reddito, regalandomi invece del tempo ben trascorso, ma di permettermi il raggiungimento di un migliore risultato. La mia curiosità nasceva dal possibile utilizzo di un attrezzo elettrico come il Dremel per la pulizia e lucidatura delle parti plastiche. Per capirlo, mi sono procurato i dischetti morbidi in feltro, ne ho montato uno sul trapano, ho spalmato della pasta abrasiva sulla plastica del coperchio…ed ho fatto un macello! Per quanto morbidi possano essere questi dischetti per la lucidatura, ho praticamente mangiato la plastica.
Davanti al danno causato, non ho potuto che sentire in sottofondo la famosa frase “chi lascia la vecchia strada per la nuova…” Il resto lo sapete. Subito dopo però un’altra frase nota ha cominciato a ronzarmi in testa “sbagliando s’impara”.
Questa brutta situazione forse cascava a pennello per spingermi a sperimentare quello che fino ad ora non avevo avuto coraggio di mettere in pratica.
Gironzolando sul web alla ricerca di tecniche per lucidare il plexiglass rigato, avevo visionato filmati in cui si utilizzava carta vetrata in partenza, per procedere poi per gradi fino alla lucidatura finale. Il metodo mi sembrava piuttosto invasivo e mi pareva veramente alto il rischio di rovinare tutto. Dopo il danno che avevo provocato tuttavia non è che mi restasse grande scelta, o ci provavo o buttavo via tutto. Presa la mia carta grana 600 ho cominciato a passarla sul coperchio, avendo cura di bagnare con acqua la superficie, così facendo il materiale plastico asportato a contatto con l’acqua forma una sorta di pasta abrasiva a grana molto fine che contribuisce a mitigare l’azione della carta vetrata usata a secco.
Con pazienza e pensiero positivo procedo insistendo sulle parti rovinate ed estendo poi l’azione levigante a tutta la superficie del coperchio del Geloso, limitandomi alla parte esterna che fortunatamente a differenza di quella interna non presenta scritte in rilievo.
Terminato il lavoro mi ritrovo di fronte ad un coperchio uniformemente levigato, ma assolutamente satinato. Il coperchio ora è lattescente e della sua trasparenza resta veramente poco. A questo punto vediamo se per gradi sarà veramente possibile ritornare alla trasparenza iniziale. Abbandonata la carta vetrata passo al primo trattamento con pasta abrasiva da carrozziere.Utilizzo dei brandelli di una maglietta vecchia in cotone. Levigo circolarmente ed uniformemente tutta la superficie a lungo e poi spostando il dito su tessuto pulito procedo ad asportare la pasta abrasiva con movimenti longitudinali, fino a toglierla tutta. Procedo più volte in questo modo e con grande piacere vedo che il mio coperchio satinato torna ad essere trasparente. Dopo questo secondo trattamento spruzzata di Shanteclair, lavaggio sotto l’acqua, asciugatura e nuova lucidatura, questa volta con la crema abrasiva più fine. Anche questa volta più passaggi e lavaggio finale. Perfetto il coperchio è tornato trasparente ed i tremendi solchi resteranno un brutto ricordo.
I prodotti utilizzati sono gli stessi che trovate nell’articolo della music boy transistor 200E http://www.grundiglove.org/?s=music+boy, evito di ripetermi.
Analogo trattamento ho riservato al resto dell’apparecchio, riuscendo con molta pazienza a ripulirlo dai brutti segni e sporcizia accumulata negli anni.
Alcuni particolari costruttivi:
Accoppiamento centrale longitudinale con spine.
La bachelite è veramente resistente.
Soddisfatto, anche se dovrei rimettermi con pazienza a vedere se riesco a far sparire quelle macchie di colatura visibili sul frontalino in alto a dx.
Queste ed ovviamente molte altre informazioni a riguardo potranno essere acquisite senza problemi tramite la consultazione dei bellissimi bollettini che la Geloso distribuiva e che possono essere tranquillamente scaricati in formato pdf dalla rete.
Non certo esaustivo, questo piccolo spazio dedicato al gelosino, scritto da persona appassionata, ma senza dubbio non autorevole, vuole essere soprattutto un tributo all’opera della Geloso, che di cose interessanti nè ha fatte.
Un intervento relativo alla sostituzione della cinghia di trasmissione correlato di foto è consultabile nel forum di Geloso.net
Di seguito il link, basta scorrere in basso sull’intervento dell’utente docdoc.
http://www.geloso.net/public/forum/topic.asp?TOPIC_ID=364
Essendo stata registrata da mia madre, la voce di mamma era di mia nonna, mentre N.Sile stava per nonna Sile…una delle mie 2 bisnonne.
Materiale consultato:
Bollettini Geloso, due link tra i tanti disponibili:
1 http://digilander.libero.it/iw2dgs/bollettini/BTGeloso.htm
2 http://www.arimi.it/storia/bollettini-geloso/
Sito www.geloso.net
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I tuoi articoli sono sempre molto belli, oltre che da leggere, anche da guardare! Mi piace molto la tua volontà di portare in condizioni pari al nuovo, non solo la parte funzionale, ma anche quella estetica. E questo, senza tanta passione, non è un obbiettivo facile. Complimenti!
Stupendo articolo ! Un bel tuffo nel passato , fa sempre piacere sapere che c’e’ qualcuno che fa risplendere gli apparecchi di un passato che tanto distante non e’ . Complimenti alla tua grande passione !
Grazie Corrado, per il restauro faccio ovviamente quel che posso, in base alle mie capacità, per la passione, quella come a tutti noi, non manca di certo. Per le foto viaggio più tranquillamente. Comunque sia, mi diverto molto.
Complimenti Luca, davvero…
Bellissimo articolo, questo registratorino ce l’ho anche io, apparteneva a mio padre, lui lo chiamava il “gelosino” è molto molto tempo che non viene usato.
Grazie per avermelo fatto ricordare.
Non solo lui, Giuseppe, “gelosino” era proprio il diminutivo del linguaggio comune in quegli anni.
Articolo bellissimo, soprattutto perchè pone l’accento su come questa passione serva soprattutto a destare grandi emozioni, anche se, come in questo caso, non derivano da un ascolto musicale: immagino la tua emozione nel riascoltare la voce di tua bisnonna. Questa da sola è sicuramente valsa il grande sforzo che hai fatto per restaurarlo.
Vero Luca, sapevo che tutto questo è nelle tue corde e che mi avresti ben capito.