Poche foto ma molto significative, a mostrare questa meraviglia marcata Akai.
Come altre apparecchiature mandate dal nostro amico, non c’è un graffio neanche a cercarlo col microscopio.
La piastra non gira ed ha bisogno di una manutenzione generale.
Togliamo un bel pò di viti posteriori. Attenzione perchè il mobiletto verrà via subito, dato che non ci sono ulteriori bloccaggi.
Ciò che ci si presenta è lo scenario di una macchina davvero importante e piuttosto complessa. La cinghia è presente ma un pò strana.
Come spesso accade, la stessa si è sciolta ed incollata al perno motore. La misura è un pò particolare.
Nell attesa che la stessa arrivi, ci avvantaggiamo nelle pulizie necessarie: tutti i potenziometri, commutatori, commutatori rec/play. Lubrificazioni elettrocalamite. Pulizia capstain, volani e pinch rollers…….che sono due, appunto, ma non con l autoreverse, nel senso che entrambi “spingono” nello stesso verso.
Il motore non è del tipo in continua con regolazione, ma si sincronizza con la rete in maniera diretta.
Luce fulminata del dolby. Qui facciamo attenzione, perchè siamo a 24 volts !
Qui vanno accuratamente pulite e sgrassate tutte le pulegge in gomma.
Messa la cinghia, c’è ancora qualcosa che non va. Il manuale spiega ottimamente come tararla. Importante la vite centrale, che inclina il motore fino ad ottenere la perfetta centratura della cinghia sul perno. La piastra corre però troppo e, come abbiamo detto prima, non esistono regolazioni di velocità.
Intorno al perno ho trovato avvolto questo nastro, che ne aumentava il diametro per qualche mm. Ovviamente ho impiegato molto per togliere dal perno l’appiccicume presente. Prima di procedere ero molto timoroso, convinto che la piastra non fosse mai stata toccata in precedenza. Solo dopo la riconsegna ho capito che c’era stato un precedente tentativo di intervento…..e la cosa mi ha tranquillizzato, confermandomi che non avevo modificato alcun che fatto dalla casa madre.
Al test è piacevole il suono, ma anche lo spettacolo estetico.
buon ascolto
marco
Niente da dire, siamo proprio in simbiosi… ho appena terminato anch’io il restauro di una GXC-310D, trovata in un mercatino per 10 (dieci!) euro.
Stesse operazioni, con in più qualche smadonnamento per il sistema particolarissimo di stop a fine nastro, comandato da un sensore ottico accoppiato ad un “tamburo” rotante ricoperto di tacche nere (tamburo che ovviamente era bloccato dal grasso secco…).
Comunque, bellissimo l’effetto delle lucine arancioni che avanzano con lo scorrimento del nastro.
Prima di rimontarla, ho passato un bel quarto d’ora ad ammirare la splendida meccanica, pesante e robustissima come solo una volta si faceva.
E… che suono, ragazzi! Quella testina GX è un autentico capolavoro!
Pardon: tamburo nero con tacche bianche…
Ciao Stefano , il tuo apprezzamento sulla
piastra Akai conferma quello che ho sempre saputo .
Grazie a Marco è tornata in vita come l’Araba Fenice …
Ora me la godo ancora , è un passaggio generazionale che riempe il cuore di ricordi ! Buon ascolto , Mauro.
Salve a tutti: mi sono iscritto da pochi giorni al vostro bel sito, trovato per caso mentre ero alla ricerca di un Vu meter per l’ SV200.
Anch’io come voi sono un estimatore dei prodotti di Grundig degli anni ’70 – ’80. Proprio in quel periodo il mio impianto stereo (senza pretese particolari) era composto da. Grundig SV 200; Giradischi Marantz 6170; Cassette Deck AKAI GXC 310D; casse Grundig FL 10 4 Ohm 50 W RMS, versone marrone…
Dell’AKAI GXC ricordo ancora l’elevata qualità di costruzione e, per quanto riguarda la mia esperienza in merito, dopo anni di utilizzo gli unci difetti emersi sono stati: saltuari mancamenti di un canale in registrazione, risolti però con la semplice pulizia del o dei (non ricordo più) lungo commutatore interno e “slittamento delle pulegge in riavvolgimento, risolto anche in questo caso con la loro periodica pulizia. Per il resto, nonostante l’intenso utilizzo, la piastra ha sempre funzionato benissimo. In particolare la testina “Glass & X’tal ferrite head” non ha MAI mostrato segni di usura, (neanche a guardarla con una lente!), mentre quelle tradizionali, dopo un po’, come ben si sa, presentavano dei veri “fossi” (vero che i “fossi” dopo un po’facevano anche loro da guida per il nastro, tenendolo ben centrato davanti alla testina…
Oggi rimpiango di aver venduto tale gioiello di meccanica, ma purtroppo indietro non si torna!
Di tutto quell’impianto mi è rimasto solo più l’SV200, del quale racconterò qualcosa lasciando un commento alla bella operazione di recupero che ho visto per prima quando ho trovato il sito.
Cordiali saluti e complimenti!
Giovanni