WHAT THE WORLD NEEDS NOW – STAN GETZ PLAYS BACHARACH AND DAVID
Eccoci giunti alla terza ed ultima (per ora, mai dire mai) tappa nel viaggio nella musica di Burt Bacharach attraverso tre diversi album: l’onore di chiudere questo viaggio spetta al saxofonista jazz che io prediligo in assoluto, ovvero Stan Getz. Come di consueto, metto subito il link per permettere a tutti di visualizzare il CD od opera di cui sto parlando.
L’album esce nel 1967 subito dopo il film Casino Royale, cosa facile da intuire, visto che ne contiene la traccia più famosa di quella colonna sonora, ovvero “The look of Love”
Stan Getz era assurto a fama mondiale ed ai vertici delle classifiche di vendita (assolute, non di genere!) con due album che avevano fatto conoscere al grandissimo pubblico quella che era la musica nuova dell’inizio degli anni ’60, ovvero la Bossa Nova proveniente dal Brasile, con i suoi maggiori autori, proponendo negli Stati Uniti (e non solo) in modo particolare la musica del suo autore più famoso, Antonio Carlos Jobim. Quei due album, famosissimi, ma di cui parlerò sicuramente in futuro erano:
- Jazz Samba inciso con il chitarrista Jazz Charlie Byrd, il primo disco jazz a raggiungere il primo posto nella classifica generale americana dei 33 giri uscito nel 1962.
- GETZ/GILBERTO, uscito nel 1964, dove la moglie di Joao Gilberto, Astrud, che fino ad allora faceva la casalinga ed interprete di inglese per il marito, diventa una delle cantanti più famose al mondo interpretando alcuni brani dell’album. Questo album (che conteneva il classico dei classici “The Girl from Ipanema” rimase 96, dicesi 96 settimane (pari a quasi due anni, per i più distratti) nella classifica dei top 100 di Billboard, arrivando “solamente” alla seconda posizione, come migliore risultato, perchè a rompere le uova nel paniere a Stan Getz fu un nuovo gruppo di quattro sbarbatelli provenienti dalla Vecchia Inghilterra e precisamente da Liverpool, che gli sbarrarono perentoriamente la strada che poteva riportarlo di nuovo in cima alla classifica, avete indovinato di chi sto parlando, non è vero?
Dopo questi due grandissimi successi di critica e di pubblico, seguirono altri album incisi dal vivo prima con Astrud Gilberto (Getz a go-go, a fine 1964) e poi “Getz/Gilberto 2” con Joao Gilberto. La collaborazione con Joao Gilberto si interruppe molto bruscamente nel 1965, quando quest’ultimo scoprì che Getz aveva una relazione sentimentale con sua moglie Astrud.
Quindi dopo la fine della parentesi bossa nova Stan Getz cerca di rinnovarne il successo dedicando la sua attenzione al repertorio di Burt Bacharach. Nel 1967 esce quindi questo disco: la sua rivisitazione della musica di Bacharach è ben diversa da quella fatta da McCoy Tyner, di cui vi ho parlato nella tappa precedente: qui ci troviamo di fronte direi quasi ad un easy jazz, oppure ad un Lounge Jazz, adattissimo alle scalette musicali che trovate sempre in uno dei canali musicali offerti dalle compagnie aeree durante il volo.
Intendiamoci bene, un easy jazz nobilitato dalla grande arte di Stan Getz e dalle magnifiche sonorità che uscivano dal suo sax tenore. Comprai questo CD pochi mesi dopo quello di McCoy Tyner, quando uscì per la prima volta nel supporto CD editato nella serie “Verve By Request”, una serie appena più economica della “Verve Master Edition” con le quali la Verve, tra il 1997 ed il 2007 o giù di lì, fece uscire tutti i capolavori jazz che aveva in catalogo, in CD con confezioni digipack veramente molto belle. Per quanto riguarda le masterizzazioni, si diceva che si era preso il master analogico originale, ma direi che, almeno alcuni titoli, furono sicuramente un poco equalizzati esaltando un pochino gli alti, per far risaltare il maggior numero di particolari possibili.
Quando lo vidi tra gli scaffali del mio “pusher” di musica, (un negozio di dischi di Carpi che ha ormai chiuso i battenti da qualche anno, lasciando un grande rimpianto fra gli appassionati locali, per i rapporti ormai di vera amicizia che intercorrevano con i titolari), lo comprai senza pensarci un attimo: l’unione fra il mio jazzista preferito e la musica di Bacharach che mi è sempre piaciuta moltissimo, poteva deludermi? Ovviamente no, come ho verificato pochi minuti dopo correndo di fretta verso casa per ascoltarlo.
Come accennato più sopra Getz non ha cambiato moltissimo della melodie originali dei brani scelti, ma le ha arricchite con le sonorità che sgorgano, è il caso di dire, del suo impareggiabile sax tenore in primo luogo, e in secondo luogo, con le partecipazioni di due jazzisti che forse passavano lì per caso in quel momento, ovvero i tastieristi Herbie Hancock e Chick Corea.
Insieme a brani famosissimi di Burt Bacharach Stan Getz ha inserito nella scaletta di questo album altri meno conosciuti come “Any old time of the day” (brano dal ritmo piacevolissimo) e “In times like These” (brano che potrebbe benissimo essere una sigla televisiva) sempre con eccellenti risultati. Ovviamente non sono da meno le tracce più famose che qui troverete, come “Wives and lovers”, la romanticissima “Windows of the world”, dove la sonorità del sax tenore di Getz raggiungono la sensualità, oserei dire – ascoltare per credere – uno spettacolo per le orecchie; la parola spettacolo è usata in quanto la musica qui evoca atmosfere e presenze piacevolissime a chi ascolta, non può essere altrimenti. Ecco qui il link per i miscredenti
Se per caso non vi accadesse con questa traccia, ci penserà la terza ad evocare quanto appena suddetto, la sempiterna “The look of Love”. So che la avrete ascoltata in tante versioni, ma questa, peraltro piuttosto breve, non può mancare nella Vs. bagaglio di cultura musicale.
Anche in questo caso potrebbe essere stucchevole continuare ad elencare le tracce una per una, con i conseguenti elogi, cercate di ascoltare questo disco, penso che vi donerà una mezzora di grande relax. Vorrei aggiungere le ultime tre righe delle note al disco originali scritte da Morgan Ames nel 1967 sul retro della copertina; “non preoccupatevi se acquistando questo disco vi mancheranno un paio di dollari per andare al cinema stasera. Probabilmente il film vi sarebbe entrato da un occhio ed uscito dall’altro, invece questo disco rimarrà nelle vostre orecchie.”
Per quanto riguarda la qualità del suono, questo è il disco attraverso il quale, nel 1999, dopo due anni di spasmodica ricerca, decisi quale tipo di diffusori acquistare per rendere al meglio i miei nuovi dischi di repertorio jazz acquistati dopo il galeotto McCoy Tyner: scelsi le casse che meglio riproducevano il sax di Stan Getz. Dissi con il commesso del negozio “queste sono le casse che cercavo, al cospetto del sax di Stan Getz, sprigionano un calore che ti riscalda l’animo”. Certo non avevano la trasparenza delle Grundig migliori e costavano molto di più, ma questa è un’altra storia che, se state leggendo queste righe, molti di voi conoscono già……
Prima di abbandonare la musica di Burt Bacharach, lasciatemi riproporre queste due perle: la prima, Dusty Springfield (a colori!!!) che canta una versione particolare di “The look of Love”, diversa anche da quella presente nel CD raccolta di cui vi ho parlato nella prima tappa:
Ditemi sinceramente, se aveste avuto la fortuna di essere in studio al momento della registrazione, non vi sarebbe venuta una irrefrenabile voglia di correre ad abbracciarla per ringraziarla? La seconda, una giovanissima Aretha Franklin in “I say a little prayer”
Poiché questo è un periodo in cui si parla molto del Brasile, direi di rimanere in tema ed iniziare, con il prossimo articolo, un viaggio attraverso la bossa nova, sempre in tre tappe: ascoltate questo, giusto per farvi venire l’acquolina in bocca:
Grazie di cuore Luca, ormai bramo i tuoi racconti sia perchè mi sembra di vivere il tutto tramite le tue parole che per i grandi suggerimenti su album e pezzi da non perdere.
affascinante
grazie
marco