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VIAGGIO ATTRAVERSO LA MUSICA DI BURT BACHARACH: SECONDA TAPPA

BURTBACH & ANGIE

Burt Bacharach con Angie Dickinson

2° TAPPA: WHAT THE WORLD NEEDS NOW – THE MUSIC OF BURT BACHARACH McCOY TYNER TRIO WITH SYMPHONY

QUANDO TUTTO (RI)COMINCIO’

La seconda puntata di questo viaggio attraverso la musica di Burt Bacharach riguarda questo album a me particolarmente caro, uscito nel 1997: ecco il consueto link per visualizzare copertina ed ascoltare la canzone di apertura del CD

Correva l’anno 1997 e leggendo, come facevo sempre ogni Giovedì, l’inserto “Musica” del quotidiano “Repubblica” (soppresso ormai da parecchi anni), mi imbatto nella recensione di questo CD: fino ad allora il Jazz era stato per me solo un genere di musica che mi incuriosiva, ma non ne avevo mai ascoltato un singolo album ad eccezione della colonna sonora originale del bellissimo film “New York, New York”, interpretato da Robert De Niro e Liza Minnelli al top delle loro carriere artistiche. Avevo comprato questo album, doppio, pochi giorni dopo avere visto il film nelle sale durante le vacanze di Natale dell’anno di grazia 1977 (anno assolutamente fondamentale per chi ha un nickname come il mio – Supercolor – in quanto erano cominciate da un mese in via ufficiale le trasmissioni a colori da parte della RAI ed io passavo anche delle mezzore filate incollate alla vetrina del locale rivenditore dei Grundig Supercolor – mai nome fu più azzeccato).

Fu uno dei miei primi album acquistati, in quanto avevo lo stereo (un coordinato Pioneer) solo da sei mesi, ed in quell’album c’era uno dei lenti che avevo deciso avrei inserito nella scaletta della prima festa dell’ultimo dell’anno, che la mia compagnia di quindicenni aveva deciso di organizzare nella mansarda che era sopra l’appartamento in cui viveva la mia famiglia. Normalmente era adibita a studio di mio padre, geometra libero professionista, ma per l’occasione (e molte altre che seguirono), in due mesi, rubando molto tempo allo studio, riuscimmo a trasformarla in una intima sala da ballo per pochi eletti; infatti, pur avendo una superficie di 200 mq., per questioni di sicurezza non poteva ospitare più di venti persone, altrimenti si rischiava l’immortale scena della banda di Romeo in “Tutti quanti voglion fare jazz” ne “Gli Aristogatti” (dal minuto 3.25 in avanti, ma guardarla tutta male non fa)

Per la cronaca il lento in questione era “The man I love” cantata ovviamente da Liza Minnelli, ascoltatela e capirete il motivo di tanta determinazione da parte mia

in teoria ogni ragazzina avrebbe dovuto cedere al fascino di questa musica, delle luci soffuse… ma come sempre pratica e teoria non sempre vanno d’accordo…

Come dicevo prima dal 1977 al 1997 non comprai mai più nemmeno un disco di Jazz, ma la curiosità verso questo tipo di musica mi era rimasta: devo anche aggiungere che dopo la vera e propria fiammata di interesse assolutistico verso gli impianti hi-fi di quell’anno, una volta comprato lo Stereo decadde anche ogni interesse verso gli apparecchi hi-fi, perchè ovviamente pensai che se avessi voluto migliorare il mio set-up, avrei dovuto comprarmeli da me, una volta che avessi conseguito una fonte di reddito mia personale.

burt-bacharach

BURT BACHARACH

Il problema è che mi ero laureato alla fine del 1987 ed una volta che ebbi un lavoro, le mie finanze furono assorbite da altri hobby che si erano nel frattempo affiancati a quello della musica e dell’hi-fi, ovvero quello della fotografia in primis (fin dal 1981 – reflex Pentax ME Super, acquistata con i soldi guadagnati come rilevatore nel censimento di quell’anno) e quello dell’aspirante videomaker a partire dal 1987 appunto, con conseguente acquisto della prima videocamera Sony Video 8 commercializzata in Italia, seguita nel 1990 dalla splendida videocamera semipro SONY V2000.

Di conseguenza dal 1977 al 1997 avevo semplicemente sostituito (a costo zero) quegli elementi del mio stereo che avevano dato forfait, cannibalizzando l’impianto di una mia zia che non usava più, in quanto regalo di un suo ex e quindi nascosto nel suo solaio: ambedue gli impianti erano comunque assolutamente entry-level, il mio Pioneer del 1977, il suo Technics del 1980.

Dopo aver letto la entusiastica recensione di questo CD decisi di acquistarlo, senza neanche lontanamente sospettare le reazioni a catena che il suo successivo ascolto innescarono. Rimasi così incantato dagli arrangiamenti del trio Jazz e dell’orchestra sinfonica che decisi di iscrivermi alla fonoteca di Carpi (MO), dove all’epoca vivevo, per poter prendere a prestito vari CD di Jazz ed iniziare così a farmi una cultura su questo genere musicale. In breve tempo rimasi folgorato sulla via di Damasco e la mia piccola libreria cominciò a riempirsi di CD Jazz di vari autori, dove certamente la parte del leone la fanno i CD di Ella Fitzgerrald, di Nat King Cole, di Stan Getz, di John Coltrane ed altri ancora. Ma questo disco ebbe un’altro incredibile (e costoso) effetto: era così bello che decisi che l’impianto che avevo allora non era adeguato per riprodurlo adeguatamente, per cui avevo deciso di rimpiazzare tutti i componenti di allora per arrivare al miglior ascolto possibile compatibilmente con le mie tasche; per questo motivo, per la prima volta dal 1977, mi rimisi alla ricerca spasmodica del miglior modo di ascoltare musica a casa mia, e non solo con riguardo agli apparecchi hi-fi: andai anche alla ricerca di ristampe speciali in CD delle vecchie incisioni Jazz.

Tutte le volte che entravo in una saletta del Top Audio chiedevo di ascoltare per primo questo CD di McCoy Tyner, ed immancabilmente non ne uscivo prima di averlo dato in mano a 4 o 5 audiofili presenti in quel momento agli ascolti, che ne annotavano il titolo. Stessa cosa accadeva nelle salette dei negozi hi-end che ho frequentato assiduamente dal 1997 al 2004, tutte le volte che arrivavano apparecchi nuovi i gestori mi chiedevano di provarli con questo CD e tutti i presenti ne rimanevano immancabilmente affascinati.

Dopo questa lunga parentesi sugli “effetti collaterali” che ha avuto questo CD su di me, direi di passarlo a descrivere un minimo riguardo le sue qualità musicali: innanzitutto bisogna precisare che McCoy Tyner (classe 1938) era, ed è tuttora, una leggenda vivente in quanto faceva parte come tastierista del quartetto di John Coltrane dal 1960 al 1965. Era presente in tutte le sue più leggendarie incisioni di quel periodo; nel 1965 esce dal quartetto di Coltrane perchè non si ritrova con la svolta eccessivamente  free-jazz data da Coltrane alle sue ultime incisioni. Dal 1966 fonda un trio che, con qualche variazione, ha tenuto concerti ed inciso nuovi album fino al 2009. Vanta tantissime collaborazioni con i più grandi del jazz dal 1960 in poi: è quindi considerato come un virtuoso del pianoforte in campo Jazz.

In questo CD oltre la sua scontata presenza al pianoforte lo vediamo suonare con Christian McBride al basso e Lewis Nash alle percussioni, più un numero imprecisato di session-man ingaggiati per la specifica incisione di questo disco, che vanno a comporre l’orchestra sinfonica (che non è quindi una orchestra stabile, ma assemblata appositamente per questo album). Gli arrangiamenti sono curati dal più famoso arrangiatore e produttore Jazz dal 1990 in poi, ovvero il quasi onnipresente Tommy LiPiuma (scopritore e produttore di Diana Krall, tanto per dirne una a caso….), mentre l’orchestra viene diretta da John Clayton, già bassista jazz di buona fama.

L’unione fra le originali melodie di Burt Bacharach, la loro rivisitazione in chiave jazz operata da McCoy Tyner e gli arrangiamenti resi possibili dal suo trio e l’orchestra sinfonica danno luogo a risultati straordinari: io avrò ascoltato qualche centinaio di volte questo CD, ma ogni volta è un piacere che non scema mai di un millimetro, se mi passate questa espressione.

E’ un jazz che sembra fatto apposta per far avvicinare il più alto numero possibile di persone a questo genere musicale, né troppo easy e nemmeno troppo sofisticato, semplicemente….bellissimo ed ammaliante fin dal primo ascolto. Spero che l’ascolto della prima traccia sopra linkato vi trovi d’accordo con le mie affermazioni: comunque sia, dopo “(They long to be) Close to you”, segue una “What the world needs now” piena di lirismi ed intime atmosfere proposte da una bellissima sezione di archi con il pianoforte in primo piano.

La terza traccia, rivisitazione di una traccia meno famosa rispetto ad altri classici, ma non per questo meno bella “You’ll never get to Heaven (If you break my heart)” – Non andrai mai in paradiso (se mi spezzi il cuore) – vi riporta ad un ritmo un po’ più sostenuto ma sempre con un risultato complessivo di grandissima classe.

BURTBACH & DIONNE

Burt Bacharach con Dionne Warrick

Volete che continui ad elencare le altre tracce e descriverle con altrettanti lodi sperticate? Direi di no, alla fine sarei monotono, mi limito (quasi) a citare le altre tracce, così se vi farete un’idea riportando alla Vostra mente le versioni originali, ed avrete modo voi personalmente di apprezzare le splendide rivisitazioni presenti in questo CD:

  • 4)The windows of the world (metaforicamente da gustare mano nella mano con la Vs. compagna di vita di fronte al fuoco di un camino con in mano un calice del vino che preferite in assoluto)
  • 5) One less bell to answer (idem come sopra)
  • 6) A house is not a home (se dopo le due precedenti non avete ancora capitolato al cospetto del vostro animo romantico, l’ascolto di questa canzone vi farà capitolare, inutile voler fare i duri)
  • 7) There’s always something there to remind me (non perdetevi i primi 30 secondi di introduzione affidati all’orchestra sinfonica, sontuosi – non che il resto sia da meno, comunque! Ci mancherebbe altro)
  • 8) Alfie (Torniamo al romanticismo)
  • 9) The look of Love (poteva mancare questo classicissimo?)

Per quanto riguarda l’ultima traccia, se finora avete letto con un pochino di scetticismo questo mio entusiasmo nei riguardi di quest’opera, credo che vi sarà definitivamente fugato ascoltandolo direttamente qui da youtube:

Riguardo la qualità di incisione, il fatto che usassi questo CD come disco test tutte le volte che andavo al Top Audio direi che la dice lunga. Riassumendo, per arrivare ad una conclusione, anche cercando di depurare il mio entusiasmo per questo disco per il motivo che mi ha fatto prepotentemente rinascere l’interesse non solo per la musica intesa come fatto di cultura (esattamente come lo era nel 1977, quando la musica era il principale argomento di discussione durante i ritrovi della mia compagnia di quindicenni), ma anche per il modo di riprodurre la musica, per viverla al meglio intesa sempre come fatto culturale, non posso che affermare che, sempre a mio modesto parere, questo è un album che se non ci fosse bisognerebbe inventarlo. Grazie Burt Bacharach, grazie McCoy Tyner per questa splendida musica.

Lasciatemi aggiungere che ho avuto l’immenso piacere di ringraziare di persona Burt Bacharach andando nel backstage dopo il suo bellissimo concerto tenutosi all’ippodromo di Modena (dove si teneva abitualmente il “Pavarotti and Firends”) durante la sua tourneè in Italia dell’estate 2004: una persona disponibilissima come solo i veramente grandi sanno essere.

La terza ed ultima tappa attraverso la musica di Burt Bacharach si occupoerà di come sia stata rivisitata con risultati ancora una volta superlativi da un altro virtuoso del jazz, in questo caso del sax in particolare, il grande Stan Getz.

Per chi non conoscesse Stan Getz, eccolo qui in una delle sue interpretazioni che lo hanno consegnato all’immortalità, dall’album “Jazz Samba” di Stan Getz/Charlie Byrd ascoltiamo “Desafinado”

Riuscite già ad imaginare le splendide sonorità che sgorgheranno dai vostri impianti e diffusori Grundig, dandogli in pasto la musica di Stan Getz? Io parlo per piena cognizione di causa…

(Alcune delle immagini di Burt Bacharach sono tratte da soulwalking.co.uk)

4 Comments

  1. Non ho parole Luca, sei un grande, grande conoscitore. Grande. Mo devo cercare tutti questi dischi, mannaggia!

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